Perché il mio bambino non parla?

Sono disponibili per il download alcuni documenti prodotti dal CPLOL (il comitato europeo dei logopedisti - www.cplol.org)  che vi aiuteranno nella crescita comunicativa del vostro bambino.

Grazie a tutti i professionisti che hanno collaborato alla stesura dei documenti.

Come stimolare il tuo bambino

(Gilardone, Casetta,Luciani)

 

Dimostrate il piacere di comunicare durante le situazioni routinarie (vestirsi, mangiar, lavarsi, andare a dormire):

 

Le situazioni routinarie, essendo quotidiane, permettono la ripetitività dei gesti, delle sensazioni, e delle espressioni verbali e mimiche; determinano quindi una aspettativa da parte del bambino e la possibilità di anticipare gesti e parole. Per questo motivo costituiscono un ottimo contesto di interazione e di stimolazione del linguaggio

L’espressione del volto e l’intonazione della voce vengono percepiti dal bambino già nelle primissime fasi dello sviluppo; sfruttate tali canali per dimostrare e comunicare al vostro bambino il piacere di interagire e parlare con lui.

Comunicate con il bambino facendo in modo che lui vi guardi nel volto e cercate di mantenere il contatto oculare mettendovi di fronte a lui alla sua altezza.

 

Sfruttate i diversi contesti che si creano durante la giornata per descrivere e raccontare ciò che vi circonda (una passeggiata al parco, andare a fare la spesa, preparare la torta):

Quando è possibile, abbinate alle parole gesti ed espressioni del volto significativi (es. gesti del “ciao”, “buono”, “non c’è più”; espressioni di sorpresa, contentezza, delusione).

Utilizzate un linguaggio semplice ma corretto, cercando di non semplificare le parole

Parlate in modo chiaro e scandendo le parole, non in modo affrettato

Introducete suoni onomatopeici: trasmettono significati chiari e sono semplici da riprodurre per il bambino stesso; ad esempio, i versi degli animali (“bau-bau”, “muuu”, “co-co”) ed i suoni dell’ambiente (“brum - brum”, “pè-pè”).

Introducete le parole nuove in situazioni in cui lui possa capirne il significato (es. mostrando l’oggetto e ripetendo la parole più volte)

Stimolate il bambino a riprodurre la parola o il suono corrispondente ad un significato ed accettate e gioite con lui del tentativo, anche se scorretto (es. “Il cane! Guarda, arriva il cane! Hai visto chi arriva? Arriva il….”)

Proponete canzoncine e filastrocche abbinandovi gesti e mimica che diano significato alle parole

Ad esempio la mimica nella canzone “I due liocorni” o “Whisky il ragnetto”

Proponete libri figurati e commentateli con lui

Sfogliare un libro senza supporto verbale dell’adulto non arricchisce spontaneamente il linguaggio del bambino, e ancor meno la comunicazione; la stessa cosa accade per la radio e la televisione, in quanto non stimolano da sole l’interazione. Piuttosto sfogliate un libro con lui, descrivete le figura stimolatelo ad indicare e a nominare le figure che gli proponete (es. “Guarda il cane!” “Dov’è il cane?”)

Parlate delle esperienze vissute

Stimolate il bambino a ricordare e a parlare di esperienze vissute recentemente o che lo hanno colpito, riguardando foto o utilizzando materiali che ricordano l’evento (es. riprendere il disegno che ha fatto nella giornata mettere a posto insieme un gioco utilizzato)

Fatevi raccontare dall’insegnante cosa ha fatto durante la vostra assenza in modo da poterlo stimolare a raccontare ed, eventualmente, aiutandolo se ha difficoltà a ricordare o a esprimersi.

 

NON DIMENTICATE CHE:

 

E’ importante rinforzare qualsiasi tentativo linguistico del bambino, gratificandolo, imitandolo e dandogli eventualmente la forma corretta (es. “Mamma lallo!” – “Si, c’è un cavallo!”); se la parola non risulta troppo complessa, stimolarne la ripetizione corretta, ma senza costringerlo.

Quando non capite ciò che il bambino vi dice non colpevolizzatelo, ne fate finta di non capire, piuttosto cercate di aiutarlo a spiegarsi; può essere utile:

Ripetere la parte che è stata compresa chiedendo di concentrarsi sulla parte non intelligibile (es. “eno ad” – “Cade? Chi è che cade?”)

Proporre voi stessi possibili spiegazioni che il bambino deve confermare o negare (es. “bibo ande” – “Il bimbo è grande? No? Il bimbo piange?”)

Stimolarlo ad indicare o usare il gesto per far capire il suo messaggio (es. “vojo atta” – “Fammi vedere cosa vuoi. Ah vuoi la macchinina!”)

 

Disturbi specifici del linguaggio

 

a cura del Dr. Luigi Marotta e del Prof. Stefano Vicari  

 

Il ritardo o disturbo del linguaggio (DL) rappresenta una condizione frequente in età prescolare ed è generalmente considerato un disturbo transitorio dello sviluppo a prognosi favorevole. Ecco i consigli dello specialista.

 

Che cosa sono i DSL?

I disturbi di linguaggio rappresentano, in particolare, i disturbi neuropsichici ad emergenza più frequente tra i 2 e 6 anni. 

 

La definizione di ritardo o disturbo del linguaggio in età evolutiva è utilizzata per descrivere quadri clinici molto eterogenei, in cui le difficoltà linguistiche possono manifestarsi in associazione con altre condizioni patologiche (deficit neuromotori, sensoriali, cognitivi e relazionali) o isolatamente. 

 

Nel primo caso si parla di disturbi del linguaggio secondari (o associati al disordine primario), mentre nel secondo caso si definiscono “Disturbi specifici del linguaggio” (DSL) i ritardi o disordini del linguaggio “ relativamente puri”, in cui non sono identificabili fattori causali noti.

 

I DSL risultano avere una diffusione del 5-7 % in età prescolare e tendono a ridursi nel tempo con una incidenza dell’1-2% in età scolare. 

 

Va però considerato che i soggetti con Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA) presentano un pregresso disturbo di linguaggio nel 30-40 % e, secondo alcuni, più della metà dei bambini con DSL presenta difficoltà di apprendimento nei primi anni scolastici.

  

Appare, quindi, più che mai evidente la necessità di una diagnosi ed un intervento precoce di questi disturbi che hanno una notevole ricaduta sociale.

 

 

Come si manifestano?

I DSL possono assumere differenti espressioni, in relazione alle caratteristiche del disturbo. 

 

Riprendendo la classificazione dell’ICD 10 (International Classification of Diseases – 10 edizione redatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) le principali manifestazione possono essere in sintesi descritte:

 

Disturbo specifico dell’articolazione e dell’eloquio

Disturbo del linguaggio espressivo

Disturbo della comprensione del linguaggio

 

Disturbo specifico dell’articolazione e dell’eloquio 

L’acquisizione dell’abilità di produzione dei suoni verbali è ritardata o deviante con conseguente difficoltà nell’efficacia comunicativa del bambino.

 

La diagnosi è possibile in presenza di:

 

intelligenza non verbale nella norma; 

abilità linguistiche espressive e ricettive nella norma; 

anomalie dell’articolazione non direttamente attribuibili ad alterazioni sensoriali, anatomiche o neurologiche; 

anomalie nel contesto d’uso colloquiale del linguaggio.

 

 

Disturbo del linguaggio espressivo

La capacità di esprimersi tramite il linguaggio è marcatamente al di sotto del livello appropriato alla sua età mentale, ma con una comprensione nella norma.

 

La diagnosi è possibile in presenza di:

 

intelligenza non verbale nella norma; 

mancanza di produzione di singole parole intorno a due anni; 

piccole frasi di due parole intorno a tre anni sviluppo limitato del vocabolario; espressioni di lunghezza ridotta; 

strutturazione della frase poco evoluta e/o deviante; 

difficoltà nella fluidità della frase / racconto; 

ritardi / anormalità per i suoni linguistici.

 

Disturbo della comprensione del linguaggio

Comprensione del linguaggio non coerente con l’età cronologica.

 

La diagnosi è possibile in presenza di:

 

intelligenza non verbale nella norma; 

comprensione verbale marcatamente discrepante con l’età mentale non verbale; 

capacità di espressione poco evolute e/o devianti

 

 

Quando si manifestano?

Lo sviluppo del linguaggio è caratterizzato da una grande variabilità interindividuale, dovuta sia a fattori biologici, sia a fattori ambientali (minore o maggiore stimolazione in ambito famigliare, inserimento precoce a scuola, presenza di fratelli o sorelle, eccetera).

 

Mediamente intorno ai 24 mesi il bambino possiede già un vocabolario di circa 100 parole e inizia a formare le prime frasi (combinazioni di due parole, spesso associate a un gesto indicativo o simbolico).

 

Intorno ai 30 mesi di età avviene generalmente la vera esplosione del linguaggio, in particolare del vocabolario: il numero di parole prodotte dal bambino aumenta in breve tempo e il bambino inizia a produrre frasi di tre o più parole. 

 

Un parametro fondamentale da tenere in considerazione in ogni caso è un’adeguata comprensione del linguaggio dell’adulto: se questa è presente si può attendere tranquillamente sino ai 36 mesi di età, fornendo indicazioni alla famiglia sugli stili educativi che favoriscono lo sviluppo di abilità espressive linguistiche.

 

Solo in caso contrario sarà necessaria una valutazione strutturata a livello cognitivo, comunicativo e linguistico.

 

Cosa fare?

L’età di tre anni costituisce una sorta di spartiacque tra i bambini cosiddetti “parlatori tardivi” e i bambini con un probabile disturbo specifico di linguaggio.

 

La presenza di una produzione ancora non adeguata secondo i parametri sopracitati dovrà necessariamente essere valutata da un’attenta visita medico specialistica. 

 

Non conviene, infatti, aspettare nella speranza che il disturbo si risolva da sé.

 

La consultazione di un logopedista aiuterà ad inquadrare ed affrontare un problema che non va sottovalutato in quanto può condizionare fortemente la vita di relazione e gli apprendimenti scolastici.

 

Che cosa devono fare i genitori?

 

Ascoltare il bambino quando parla, anche se mostra difficoltà, con attenzione e serenità, senza mostrare fretta, ansia, insofferenza. 

Lasciare che concluda sempre il suo discorso, anche se richiede più tempo.

Favorire l’uso del gesto a supporto dell’efficacia comunicativa.

Riformulare la produzione “scorretta” del bambino e non correggerla: il bambino impara implicitamente dal modello verbale dell’adulto, non dall’esercizio di ripetizione: quindi non “ricattare” per avere la produzione corretta.

Parlare molto al bambino, in modo rilassato e lento, ma senza scandire troppo le parole. 

Valorizzare le altre qualità del bambino in modo da aumentare la sua autostima. 

Accettare il bambino con il suo disturbo creandogli intorno un mondo accogliente dove il suo “problema” non venga sottolineato e ingigantito.

 

Che cosa non fare

 

Non parlare davanti al bambino delle sue difficoltà.

Non anticiparlo quando parla, completando le parole o le frasi. 

Non interromperlo dicendogli che si è già capito. 

Non mortificare, anzi, favorire l’uso del gesto a supporto del linguaggio verbale del bambino: questo può aiutarlo ad esprimersi, favorendo la sua efficacia e possibilità comunicativa.

Non correggerlo quando pronuncia male una parola o una frase, ma riformularla correttamente nel rispondergli.

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il linguaggio dalla nascita a 12 mesi
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il linguaggio da 1 a 2 anni
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il linguaggio da 2 a 3 anni
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il linguaggio da 3 a 4 anni
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